Intervista ad Andrea Sisti, presidente del Conaf

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Andrea Sisti e’ da sei anni presidente del Consiglio dell’Ordine nazionale degli agronomi. In questa intervista compie alcune riflessioni sulla situazione della sua professione e su quella dell’agricoltura senza nascondere le sue idee sull’attuale governo. Idee, quelle di Sisti, che si inquadrano nelle sua formazione europeista che gli fa dire, appena iniziamo a parlare: “abbiamo firmato il trattato di Lisbona e speriamo che le possibilita’ che indica rimangano a lungo!”.

Come procede la riforma degli Ordini professionali da tutti giudicata necessaria?

La situazione giuridica delle professioni non e’ semplice. Nel 2011 dopo una lunga gestazione, con un decreto e’ stata fatta la riforma. Oggi i professionisti hanno l’obbligo dell’assicurazione e della formazione continua con sanzioni disciplinari per chi non le rispetta. Negli Ordini sono state separate le funzioni: i Consigli che amministrano l’albo  e la formazione degli iscritti ed i Consigli di disciplina che giudicano i comportamenti dei professionisti. Insomma una vera riforma che attende pero’ l’emanazione dei testi unici da oltre un anno.

Che ne pensa delle riforme in Italia?

Verso meta’ novembre 2013 avemmo un incontro tra tutti gli ordini professionali ed un consulente del governo Letta. Eravamo lì per portare proposte sulla semplificazione delle procedure e per contribuire alla crescita del paese. Il nostro interlocutore tenne a precisare che non si poteva intervenire sul sistema promuovendo una vera e propria semplificazione, ma la strategia era quella di promuovere una serie di ‘norme cacciavite’ – modifiche legislative che si inseriscono quasi di soppiatto in un testo legislativo nel corso dell’esame di un provvedimento, del tipo modifica del comma xx dell’art. yy. Da quando sono qui come presidente tutti i vari decreti cresci Italia, salva italia, non hanno di fatto inciso sul sistema ma hanno prodotto ulteriore frammentazione ed inorganicita’, poiche’ mancano di un progetto chiaro sugli obiettivi che l’Italia come sistema Paese si deve dare.

Qual e’ la sua opinione sulla gestione della politica agraria in Italia?

Mi sembra che si parli senza avere un progetto complessivo di come applicare nei prossimi cinque anni la Pac, di come gestire l’Expo, di cosa fare del Made in Italy. Non c’e’ nessuno che faccia sintesi in questi ambiti!

La appassiona il dibattito sull’agricoltore attivo?

Per quanto riguarda la definizione di agricoltore attivo a mio parere basta la definizione che ne danno l’Unione europea ed il codice civile. Franz Fischler parlava di imprenditore rurale….

Gli Agronomi conoscono l’Italia palmo, palmo. Che riflessione ne traggono?

Tra le molte preoccupazioni che abbiamo quelle piu’ attuali riguardano l’area appenninica che e’ in abbandono ed e’ sempre accoppiata alla parolina magica “dissesto idrogeologico”, patologia da curare molto seriamente.

Realisticamente qualcuno potrebbe tornare a vivere in quelle zone?

Per permettere un ritorno in quelle zone sono necessarie iniziative diverse da quelle del passato. Ad esempio e’ indispensabile introdurre la banda larga…. Il progetto aree interne nell’ambito dell’accordo di partenariato fatto con il ministro Barca va riempito di contenuti,  ma e’ assolutamente buono e attuale.

Quali sono i vostri progetti di medio termine?

Partiremo con alcuni progetti sulla sicurezza dei prodotti alimentari dal campo alla tavola,  con prelievi in otto capoluoghi di provincia per controllare il livello dei residui, tenendo anche conto della sentenza della Cassazione sul divieto di esposizione dei prodotti ortofrutticoli. Un lavoro del genere lo abbiamo gia’ fatto a Napoli nella terra dei fuochi.

E poi?

Stiamo avviando un accordo con l’Ordine dei medici per quanto le riguarda le diete, onde arrivare ad una corretta utilizzazione dei prodotti agroalimentari. In questo ambito abbiamo fatto un convegno a L’Aquila sull’effetto nutraceutico e funzionale degli alimenti, come si dice dal campo alla tavola.

Ma davvero i cibi possono curare?

Se noi vogliamo un effetto nutraceutico dei cibi dobbiamo seguirne la coltivazione. Come paese mediterraneo dobbiamo impegnarci a mantenere la tradizione dei prodotti e la connotazione dei paesaggi dove questi si coltivano. Questi due elementi debbono essere abbinati. L’Ordine degli agronomi produrra’ un rapporto su prodotti e paesaggi analizzando 15 prodotti dop o igp per focalizzare la situazione dei luoghi di produzione e per capire se quell’ambiente e’ integro e rappresenta ancora anche un’attrattiva anche per gli investimenti.

Sarete presenti ad Expo 2015?

Abbiamo organizzato il sesto congresso mondiale degli Agronomi dal 14 al 18 settembre 2015 a Milano, nell’ambito di Expo, sul tema “cibo e di identita’”, per far conoscere e confrontare le pratiche di produzione e di trasformazione esistenti nel mondo.

Lei pensa che l’agricoltura europea sia un modello che puo’ essere esportato?

In giugno quando ci saranno in Brasile i mondiali di calcio sara’ un’occasione per affrontare la questione del latifondo. Il modello europeo e’ esportabile e consente uno sviluppo per quelle popolazioni. Noi possiamo offrire a quei paesi molto expertise, a cominciare dalla filosofia della multifunzionalita’. Su questo fronte bisogna non solo aprire un dibattito, ma realizzare un progetto.

Cosa pensa dell’attuale conduzione del Ministero delle politiche agricole?

Abbiamo incontrato il vice ministro dell’agricoltura Olivero, che ci ha dato la sua disponibilita’. Lo rivedremo a maggio per presentargli le nostre proposte. Il Mipaaf deve cambiare atteggiamento ed essere piu’ renziano confrontandosi con soggetti diversi da quelli tradizionali.

Per esempio?

Piccole e grandi realta’ che non sono rappresentate ma che organizzano in modo non tradizionale il mondo che ruota attorno all’agricoltura. Questo e’ l’effetto dell’individualismo della societa’ moderna.

Le piace lo stile del presidente del Consiglio Renzi nei confronti delle parti sociali e della pubblica amministrazione?

Non mi interessa se Renzi mi riceve oppure no. Cio’ che va fatto e’ un cambio non solo nella rappresentanza, ma anche nelle forme di aggregazione, a cominciare dagli Ordini professionali, che gia’ si sono riuniti una rete. C’e’ una grande aspettativa riguardo alla riorganizzazione burocratico amministrativa dei ministeri. Ancora non ci sono strutture organiche adeguate al mondo che e’ cambiato. Ad esempio ambiente, agricoltura e paesaggio non si possono vedere con angolature di contrasto, ma con un progetto unico. Alcuni paesi europei l’hanno gia’ fatto. Spero che questo governo faccia sintesi e di conseguenza anche il sistema regionale. Quello che voglio dire e’ che il Progetto Paese serve soprattutto per avere una collocazione chiara in Europa ed avere un profilo definito su cui investire ed essere di riferimento.

Andrea Sisti e’ da sei anni presidente del Consiglio dell’Ordine nazionale degli agronomi. In questa intervista compie alcune riflessioni sulla situazione della sua professione e su quella dell’agricoltura senza nascondere le sue idee sull’attuale governo. Idee, quelle di Sisti, che si inquadrano nelle sua formazione europeista che gli fa dire, appena iniziamo a parlare: “abbiamo firmato il trattato di Lisbona e speriamo che le possibilita’ che indica rimangano a lungo!”.

Come procede la riforma degli Ordini professionali da tutti giudicata necessaria?

La situazione giuridica delle professioni non e’ semplice. Nel 2011 dopo una lunga gestazione, con un decreto e’ stata fatta la riforma. Oggi i professionisti hanno l’obbligo dell’assicurazione e della formazione continua con sanzioni disciplinari per chi non le rispetta. Negli Ordini sono state separate le funzioni: i Consigli che amministrano l’albo  e la formazione degli iscritti ed i Consigli di disciplina che giudicano i comportamenti dei professionisti. Insomma una vera riforma che attende pero’ l’emanazione dei testi unici da oltre un anno.

Che ne pensa delle riforme in Italia?

Verso meta’ novembre 2013 avemmo un incontro tra tutti gli ordini professionali ed un consulente del governo Letta. Eravamo lì per portare proposte sulla semplificazione delle procedure e per contribuire alla crescita del paese. Il nostro interlocutore tenne a precisare che non si poteva intervenire sul sistema promuovendo una vera e propria semplificazione, ma la strategia era quella di promuovere una serie di ‘norme cacciavite’ – modifiche legislative che si inseriscono quasi di soppiatto in un testo legislativo nel corso dell’esame di un provvedimento, del tipo modifica del comma xx dell’art. yy. Da quando sono qui come presidente tutti i vari decreti cresci Italia, salva italia, non hanno di fatto inciso sul sistema ma hanno prodotto ulteriore frammentazione ed inorganicita’, poiche’ mancano di un progetto chiaro sugli obiettivi che l’Italia come sistema Paese si deve dare.

Qual e’ la sua opinione sulla gestione della politica agraria in Italia?

Mi sembra che si parli senza avere un progetto complessivo di come applicare nei prossimi cinque anni la Pac, di come gestire l’Expo, di cosa fare del Made in Italy. Non c’e’ nessuno che faccia sintesi in questi ambiti!

La appassiona il dibattito sull’agricoltore attivo?

Per quanto riguarda la definizione di agricoltore attivo a mio parere basta la definizione che ne danno l’Unione europea ed il codice civile. Franz Fischler parlava di imprenditore rurale….

Gli Agronomi conoscono l’Italia palmo, palmo. Che riflessione ne traggono?

Tra le molte preoccupazioni che abbiamo quelle piu’ attuali riguardano l’area appenninica che e’ in abbandono ed e’ sempre accoppiata alla parolina magica “dissesto idrogeologico”, patologia da curare molto seriamente.

Realisticamente qualcuno potrebbe tornare a vivere in quelle zone?

Per permettere un ritorno in quelle zone sono necessarie iniziative diverse da quelle del passato. Ad esempio e’ indispensabile introdurre la banda larga…. Il progetto aree interne nell’ambito dell’accordo di partenariato fatto con il ministro Barca va riempito di contenuti,  ma e’ assolutamente buono e attuale.

Quali sono i vostri progetti di medio termine?

Partiremo con alcuni progetti sulla sicurezza dei prodotti alimentari dal campo alla tavola,  con prelievi in otto capoluoghi di provincia per controllare il livello dei residui, tenendo anche conto della sentenza della Cassazione sul divieto di esposizione dei prodotti ortofrutticoli. Un lavoro del genere lo abbiamo gia’ fatto a Napoli nella terra dei fuochi.

E poi?

Stiamo avviando un accordo con l’Ordine dei medici per quanto le riguarda le diete, onde arrivare ad una corretta utilizzazione dei prodotti agroalimentari. In questo ambito abbiamo fatto un convegno a L’Aquila sull’effetto nutraceutico e funzionale degli alimenti, come si dice dal campo alla tavola.

Ma davvero i cibi possono curare?

Se noi vogliamo un effetto nutraceutico dei cibi dobbiamo seguirne la coltivazione. Come paese mediterraneo dobbiamo impegnarci a mantenere la tradizione dei prodotti e la connotazione dei paesaggi dove questi si coltivano. Questi due elementi debbono essere abbinati. L’Ordine degli agronomi produrra’ un rapporto su prodotti e paesaggi analizzando 15 prodotti dop o igp per focalizzare la situazione dei luoghi di produzione e per capire se quell’ambiente e’ integro e rappresenta ancora anche un’attrattiva anche per gli investimenti.

Sarete presenti ad Expo 2015?

Abbiamo organizzato il sesto congresso mondiale degli Agronomi dal 14 al 18 settembre 2015 a Milano, nell’ambito di Expo, sul tema “cibo e di identita’”, per far conoscere e confrontare le pratiche di produzione e di trasformazione esistenti nel mondo.

Lei pensa che l’agricoltura europea sia un modello che puo’ essere esportato?

In giugno quando ci saranno in Brasile i mondiali di calcio sara’ un’occasione per affrontare la questione del latifondo. Il modello europeo e’ esportabile e consente uno sviluppo per quelle popolazioni. Noi possiamo offrire a quei paesi molto expertise, a cominciare dalla filosofia della multifunzionalita’. Su questo fronte bisogna non solo aprire un dibattito, ma realizzare un progetto.

Cosa pensa dell’attuale conduzione del Ministero delle politiche agricole?

Abbiamo incontrato il vice ministro dell’agricoltura Olivero, che ci ha dato la sua disponibilita’. Lo rivedremo a maggio per presentargli le nostre proposte. Il Mipaaf deve cambiare atteggiamento ed essere piu’ renziano confrontandosi con soggetti diversi da quelli tradizionali.

Per esempio?

Piccole e grandi realta’ che non sono rappresentate ma che organizzano in modo non tradizionale il mondo che ruota attorno all’agricoltura. Questo e’ l’effetto dell’individualismo della societa’ moderna.

Le piace lo stile del presidente del Consiglio Renzi nei confronti delle parti sociali e della pubblica amministrazione?

Non mi interessa se Renzi mi riceve oppure no. Cio’ che va fatto e’ un cambio non solo nella rappresentanza, ma anche nelle forme di aggregazione, a cominciare dagli Ordini professionali, che gia’ si sono riuniti una rete. C’e’ una grande aspettativa riguardo alla riorganizzazione burocratico amministrativa dei ministeri. Ancora non ci sono strutture organiche adeguate al mondo che e’ cambiato. Ad esempio ambiente, agricoltura e paesaggio non si possono vedere con angolature di contrasto, ma con un progetto unico. Alcuni paesi europei l’hanno gia’ fatto. Spero che questo governo faccia sintesi e di conseguenza anche il sistema regionale. Quello che voglio dire e’ che il Progetto Paese serve soprattutto per avere una collocazione chiara in Europa ed avere un profilo definito su cui investire ed essere di riferimento.