13 vittime e ancora alcuni dispersi, 250 frane attive, 40 comuni alluvionati da Reggio Emilia a tutta la Romagna, 20 fiumi esondati. Sono i numeri preliminari dell’alluvione, a cui mancano ancora i danni a industrie, aziende agricole e alimentari, abitazioni, infrastrutture. Computo che, finita l’emergenza tra 7-10 giorni, inizierà per poter guardare alla ricostruzione e alla ripresa della vita quotidiana.
A questo proposito, gli agronomi e i forestali sono stati convocati quali componenti della Struttura Tecnica Nazionale, che raccoglie sotto un’unica sigla 7 professioni ordinistiche tecniche e che mette a disposizione del Dipartimento di Protezione civile i propri tecnici.
“La prima impressione è che il valore dei danni potrebbe essere comparabile a quello del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012. A breve serviranno ristori e indennizzi, anche rivolti al settore agricolo e a quello frutticolo, che presenta vaste aree sommerse in un periodo estremamente delicato per le piante, e poi ci sono le tante imprese agroalimentari sommerse. Ieri c’è stata una riunione preliminare: nei prossimi 10 giorni ci saranno da individuare temi prioritari, le necessità operative e, intanto, abbiamo messo a disposizione le nostre competenze estimative, specializzazione fondamentale per avviare la stima dei danni e la quantificazione dei ristori.”
Alfredo Posteraro, Presidente dei dottori agronomi e forestali dell’Emilia-Romagna
L’esperienza di agronomi e forestali potrà essere utile anche in molti altri aspetti, dalla creazione di una struttura dedicata alla gestione della ricostruzione, alla stesura delle norme primarie per agire su tutti livelli, fino alla necessità di una deroga generalizzata sulla PAC, all’impostazione della ricostruzione pensata in ottica di tutela del territorio.
“Le professioni tecniche contribuiscono attivamente alla salvaguardia del Paese, sia nelle emergenze che nella fase di prevenzione. La collaborazione con gli amministratori, non dovrà fermarsi alla fase di emergenza e ricostruzione, perché l’evento vissuto, seppure eccezionale, è moltiplicato dall’avere un territorio fragile. Le 250 frane attive fanno capire che dobbiamo lavorare sulla forestazione, che dobbiamo considerare le canalizzazioni lungo i campi e la rete idrica minore come supporto al deflusso delle acque, che i fondi della PAC possono rendere il settore agricolo e forestale un attore della tutela del territorio, anziché vittima delle emergenze. Agronomi e forestali sono pronti a collaborare con gli amministratori anche nei prossimi anni, per una pianificazione e programmazione a scala di bacino, per fare prevenzione e mitigazione dei danni.”
Sabrina Diamanti, Presidente CONAF