L’ordine dei dottori agronomi e forestali si unisce alle organizzazioni del settore forestale italiano, 21 complessivamente, rappresentanti del mondo scientifico, tecnico, operativo, della certificazione della gestione forestale sostenibile e delle popolazioni di montagna, che hanno sottoscritto una lettera ai Ministri Bellanova e Franceschini, al Governatore delle Toscana Giani e agli Assessori regionali competenti. L’oggetto della missiva, analogo a quello espresso nella lettera inviata dal CONAF la scorsa settimana, ribadisce la forte contrarietà rispetto a un parere della Sovrintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo che, di fatto, blocca la gestione a ceduo dei castagneti del Monte Amiata.
Secondo i firmatari della lettera, tale parere è da considerare profondamente errato nel merito, in quanto non tiene in dovuta considerazione le caratteristiche culturali, ecologiche e socioeconomiche locali. Inoltre, il parere della Sovrintendenza è contrario a quanto definito dalla Convenzione Europea sul Paesaggio, dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e addirittura dal Piano paesaggistico della Regione Toscana, che annovera tra le sue prescrizioni proprio quella di promuovere “un equilibrato e sostenibile utilizzo dei sistemi forestali, con particolare riferimento ai castagneti per paleria dei versanti meridionali e orientali del Monte Amiata e alle utilizzazioni dei querceti collinari”.
La paleria da vigna, uno dei principali prodotti di questi boschi, è tra l’altro alla base di un altro paesaggio locale storico e tutelato, ossia quello delle colline vitate, dove i pali di castagno fungono da tutore delle piante di vite e sono elementi caratterizzanti del paesaggio toscano (e non solo) che le normative europee, nazionali e locali vigenti tutelano e vogliono conservare.
Questo parere è considerato estremamente dannoso per le conseguenze interpretative e applicative che può scatenare. Il blocco del ceduo rischia, infatti, di innescare processi evolutivi che porterebbero in tempi brevi alla perdita del paesaggio rurale tradizionale dell’area in esame e, proprio in un grave momento di crisi economica a seguito dell’emergenza sanitaria legata al COVID19, di mettere a rischio centinaia di posti di lavoro in aree già di per sé marginali e svantaggiate.
Roma, 3 novembre 2020
L’ordine dei dottori agronomi e forestali si unisce alle organizzazioni del settore forestale italiano, 21 complessivamente, rappresentanti del mondo scientifico, tecnico, operativo, della certificazione della gestione forestale sostenibile e delle popolazioni di montagna, che hanno sottoscritto una lettera ai Ministri Bellanova e Franceschini, al Governatore delle Toscana Giani e agli Assessori regionali competenti. L’oggetto della missiva, analogo a quello espresso nella lettera inviata dal CONAF la scorsa settimana, ribadisce la forte contrarietà rispetto a un parere della Sovrintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo che, di fatto, blocca la gestione a ceduo dei castagneti del Monte Amiata.
Secondo i firmatari della lettera, tale parere è da considerare profondamente errato nel merito, in quanto non tiene in dovuta considerazione le caratteristiche culturali, ecologiche e socioeconomiche locali. Inoltre, il parere della Sovrintendenza è contrario a quanto definito dalla Convenzione Europea sul Paesaggio, dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e addirittura dal Piano paesaggistico della Regione Toscana, che annovera tra le sue prescrizioni proprio quella di promuovere “un equilibrato e sostenibile utilizzo dei sistemi forestali, con particolare riferimento ai castagneti per paleria dei versanti meridionali e orientali del Monte Amiata e alle utilizzazioni dei querceti collinari”.
La paleria da vigna, uno dei principali prodotti di questi boschi, è tra l’altro alla base di un altro paesaggio locale storico e tutelato, ossia quello delle colline vitate, dove i pali di castagno fungono da tutore delle piante di vite e sono elementi caratterizzanti del paesaggio toscano (e non solo) che le normative europee, nazionali e locali vigenti tutelano e vogliono conservare.
Questo parere è considerato estremamente dannoso per le conseguenze interpretative e applicative che può scatenare. Il blocco del ceduo rischia, infatti, di innescare processi evolutivi che porterebbero in tempi brevi alla perdita del paesaggio rurale tradizionale dell’area in esame e, proprio in un grave momento di crisi economica a seguito dell’emergenza sanitaria legata al COVID19, di mettere a rischio centinaia di posti di lavoro in aree già di per sé marginali e svantaggiate.
Roma, 3 novembre 2020