Il suolo al tempo della crisi climatica

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Foto di Manikandan Annamalai per unsplash

Il suolo è la materia prima per i dottori agronomi e i dottori forestali e la crisi climatica è da anni al centro delle politiche dell’Ordine. La sostanza organica del suolo, infatti, rappresenta la più grande riserva di carbonio organico.
Il sistema suolo rappresenta un enorme serbatoio di carbonio (carbon sink) in grado di sequestrare la CO2 e ridurne la quantità che viene immessa nell’atmosfera. Tuttavia, quest’ultima utilissima funzione è sempre più messa a rischio.

Le tre vesti dell’agricoltura
Il mondo agricolo è implicato in tutti e 3 i ruoli:

  • è vittima degli effetti dei cambiamenti climatici
  • è produttore di gas serra
  • è attore per imparare a ridurre le emissioni

L’agricoltura è infatti responsabile di un quinto (il 21%) di tutte le emissioni antropiche di gas serra, mentre la deforestazione incide per un ulteriore 11%.
Allo stesso tempo ogni pianta coltivata o spontanea, agricola o forestale, assume anidride carbonica dall’aria e, con l’aiuto di luce solare e acqua, la converte in zuccheri, che vengono rilasciati nel terreno, dove alimentano i microrganismi. Questi microrganismi convertono il carbonio in forme più stabili.

Agricoltura conservativa
Constatare che una percentuale crescente di agricoltori sta adottando tecniche di agricoltura conservativa è più che apprezzabile: è da perseguire e stimolare.
Coltivazioni senza lavorazioni, rotazione delle colture, colture di copertura, riduzione dell’impiego di fitofarmaci e fertilizzanti, integrazione tra allevamento del bestiame, silvicoltura e coltivazioni sono tutte pratiche che sono efficaci sia per incorporare carbonio nel suolo, che per conservarlo al suo interno.
Un suolo degradato è un suolo meno produttivo e meno capace di assorbire carbonio.
Un suolo degradato amplifica l’attuale crisi climatica e aggrava i problemi di insicurezza alimentare.

Ridurre la degradazione del suolo è un’azione primaria per chi contrasta i cambiamenti climatici. Le piante, spontanee o coltivate, sono uno straordinario strumento per fissare in modo stabile nel suolo le sostanze climalteranti.
Conosciamo da sempre i metodi di coltivazione conservativa, hanno funzionato per secoli e continuano a essere efficaci, ma dobbiamo anche guardare al futuro: dobbiamo integrare le conoscenze tradizionali con pratiche innovative e sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie.
In questo senso abbiamo aderito al progetto Horizon “Climate Smart Advisors” che riunirà 1500 esperti di 27 paesi in una rete europea composta da 260 comunità creata per scoprire come adottare pratiche agricole intelligenti dal punto di vista climatico.

Mauro Uniformi, presidente CONAF