La Commissione “Pari Opportunità” (CPO) della Rete delle Professioni Tecniche, certa di rappresentare anche la volontà di tutte le Commissioni Pari Opportunità dei Consigli e dei Collegi ad essa aderenti, intende esprimere la propria partecipazione e preoccupazione alle vicende politico-sociali che stanno calpestando così aspramente i diritti del popolo afghano ed in particolare delle donne e dei bambini.
Si tratta di una gravissima crisi umanitaria che non può lasciarci indifferenti e soprattutto inconsapevoli delle proprie responsabilità come cittadine e cittadini europei, primi sostenitori dell’affermazione della libertà e della pace in questo paese così lontano, tra occidente e oriente, e certamente molto complesso nella sua storia millenaria. Migliaia di uomini, donne e bambini in questi giorni rischiano la propria vita per paura di veder cancellati i valori della democrazia e della libertà per i quali hanno creduto e sognato un paese con opportunità per tutte e tutti di esprimersi, studiare e crescere.
È altrettanto indubbio che dimostrare come CPO la nostra apprensione e solidarietà non porti a risultati concreti, ma vogliamo comunque alzare la voce con questo comunicato unendoci al coro unanime di donne e uomini che stanno esprimendo la loro preoccupazione. Condividendo quanto già espresso dalle Presidenti e dai Presidenti dei Comitati Pari Opportunità degli Ordini Forensi italiani e riprendendo le parole del comunicato dalla Commissione permanente Pari Opportunità Consiglio Nazionale dei Commercialisti, riteniamo che “il ritorno ad un sistema costruito al fine di annientare i diritti umani, di annullare il diritto di partecipare alla società civile e politica a chiunque sia di minoranza etnica, religiosa e soprattutto di azzerare i diritti delle donne senza distinzione di pensiero e di etnia”, rappresenti una condizione intollerabile; tutto questo vanificherebbe anni di impegno e dedizione anche di nostri soldati e associazioni umanitarie che hanno operato in Afghanistan, per aiutare questo popolo a tornare verso una cosiddetta condizione di normalità, che talvolta per noi occidentali può risultare fin troppo scontata. Non possiamo allontanarci dai nostri doveri, non possiamo ignorare quanto a gran voce viene declinato anche nell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030.
Infine, come rappresentanti delle professioni tecniche esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza alle colleghe afghane che rischiano di perdere tutto quello per cui hanno investito anni di studio, e non solo: la professionalità che avrebbero voluto mettere a disposizione del proprio paese, le competenze che avrebbero potuto condividere anche con altre nazioni, la rete di rapporti probabilmente intessuto anche con le nostre Università. Il loro contributo risulta fondamentale in un paese che ha molte possibilità di crescere, ammesso che ne esista veramente l'interesse con questo regime.
Quindi, anche noi vogliamo esortare il Governo italiano e in primis lei Ministra Bonetti, certe della sua sensibilità, affinché l’Italia sia protagonista nel ricercare attraverso tutti i mezzi possibili e in qualsiasi contesto ed ambito della comunità internazionale occasioni di confronto, che siano capaci di aprire al dialogo e all’ascolto di tutte le parti in conflitto. Le chiediamo di farsi portavoce del nostro messaggio alle più alte cariche dello Stato, al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente del Consiglio Draghi, al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Di Maio, al Governo tutto e alle autorità civili nazionali e internazionali, affinché investano tutte le forze possibili perché la nuova realtà politica afgana riconosca pari dignità di esistenza a donne e bambine, a persone di religione e etnia diverse, ed il rispetto dei diritti umani nei confronti delle persone LGBTQI+. Siamo certe che solo ponendo fine alla violenza che potranno ricrearsi le condizioni capaci di garantire aiuti umanitari per chi vorrà partire, e il sostegno e la sicurezza nei confronti di chi vorrà restare nel Paese
La Commissione “Pari Opportunità” (CPO) della Rete delle Professioni Tecniche, certa di rappresentare anche la volontà di tutte le Commissioni Pari Opportunità dei Consigli e dei Collegi ad essa aderenti, intende esprimere la propria partecipazione e preoccupazione alle vicende politico-sociali che stanno calpestando così aspramente i diritti del popolo afghano ed in particolare delle donne e dei bambini.
Si tratta di una gravissima crisi umanitaria che non può lasciarci indifferenti e soprattutto inconsapevoli delle proprie responsabilità come cittadine e cittadini europei, primi sostenitori dell’affermazione della libertà e della pace in questo paese così lontano, tra occidente e oriente, e certamente molto complesso nella sua storia millenaria. Migliaia di uomini, donne e bambini in questi giorni rischiano la propria vita per paura di veder cancellati i valori della democrazia e della libertà per i quali hanno creduto e sognato un paese con opportunità per tutte e tutti di esprimersi, studiare e crescere.
È altrettanto indubbio che dimostrare come CPO la nostra apprensione e solidarietà non porti a risultati concreti, ma vogliamo comunque alzare la voce con questo comunicato unendoci al coro unanime di donne e uomini che stanno esprimendo la loro preoccupazione. Condividendo quanto già espresso dalle Presidenti e dai Presidenti dei Comitati Pari Opportunità degli Ordini Forensi italiani e riprendendo le parole del comunicato dalla Commissione permanente Pari Opportunità Consiglio Nazionale dei Commercialisti, riteniamo che “il ritorno ad un sistema costruito al fine di annientare i diritti umani, di annullare il diritto di partecipare alla società civile e politica a chiunque sia di minoranza etnica, religiosa e soprattutto di azzerare i diritti delle donne senza distinzione di pensiero e di etnia”, rappresenti una condizione intollerabile; tutto questo vanificherebbe anni di impegno e dedizione anche di nostri soldati e associazioni umanitarie che hanno operato in Afghanistan, per aiutare questo popolo a tornare verso una cosiddetta condizione di normalità, che talvolta per noi occidentali può risultare fin troppo scontata. Non possiamo allontanarci dai nostri doveri, non possiamo ignorare quanto a gran voce viene declinato anche nell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030.
Infine, come rappresentanti delle professioni tecniche esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza alle colleghe afghane che rischiano di perdere tutto quello per cui hanno investito anni di studio, e non solo: la professionalità che avrebbero voluto mettere a disposizione del proprio paese, le competenze che avrebbero potuto condividere anche con altre nazioni, la rete di rapporti probabilmente intessuto anche con le nostre Università. Il loro contributo risulta fondamentale in un paese che ha molte possibilità di crescere, ammesso che ne esista veramente l'interesse con questo regime.
Quindi, anche noi vogliamo esortare il Governo italiano e in primis lei Ministra Bonetti, certe della sua sensibilità, affinché l’Italia sia protagonista nel ricercare attraverso tutti i mezzi possibili e in qualsiasi contesto ed ambito della comunità internazionale occasioni di confronto, che siano capaci di aprire al dialogo e all’ascolto di tutte le parti in conflitto. Le chiediamo di farsi portavoce del nostro messaggio alle più alte cariche dello Stato, al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente del Consiglio Draghi, al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Di Maio, al Governo tutto e alle autorità civili nazionali e internazionali, affinché investano tutte le forze possibili perché la nuova realtà politica afgana riconosca pari dignità di esistenza a donne e bambine, a persone di religione e etnia diverse, ed il rispetto dei diritti umani nei confronti delle persone LGBTQI+. Siamo certe che solo ponendo fine alla violenza che potranno ricrearsi le condizioni capaci di garantire aiuti umanitari per chi vorrà partire, e il sostegno e la sicurezza nei confronti di chi vorrà restare nel Paese