02/04/2007 – Esercizio della Professione

Parere

Le reiterate istanze, di accesso agli atti  indirizzate all’Ordine, con le quali l’iscritto pretenderebbe di “essere messo a conoscenza, di volta in volta, degli argomenti trattati dall’Ordine nelle sedute di consiglio al solo fine di rendere trasparente il funzionamento dell’Ordine”.           

Innanzitutto giova premettere qualche succinto cenno sui caratteri generali dell’istituto che più possono interessare in questa sede e che possano fornire ausilio anche nell’esame di eventuali future istanze, fermo restando che, come noto, sul sito istituzionale del CONAF (http://www.conaf.it/Documenti/538_2006.pdf) è presente il Regolamento per l’accesso agli atti del Consiglio Nazionale, che può costituire utile guida anche per gli Ordini provinciali.

La legge n. 241 del 7 luglio 1990 (recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) dispone che l’Amministrazione deve provvedere sulle istanze di accesso agli atti entro trenta giorni dalla loro ricezione. Trascorso inutilmente tale termine, o in caso di diniego espresso, l’interessato ha trenta giorni di tempo per adire il Tribunale Amministrativo Regionale competente affinché il Giudice, verificata l’esistenza dei presupposti, ordini all’Amministrazione l’esibizione o la consegna di copia degli atti richiesti (art. 25, l. n. 241/1990). Trascorso inutilmente il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale l’interessato deve proporre una nuova istanza per ottenere l’accesso: ancorché la domanda fosse accoglibile sin dall’origine, trascorsi i summenzionati termini l’Amministrazione, infatti, non è più tenuta a consentirlo.

Le richieste di accesso (cioè di prendere visione ed estrarre copia di documenti) devono essere motivate (art. 25, comma 2, l. n. 241/1990), onde consentire all’Amministrazione la verifica della sussistenza dell’interesse concreto, diretto e attuale (corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata) collegato al documento richiesto (art. 22, comma 1, l. n. 241/1990). Per la medesima ragione (oltre che per consentirne il reperimento) l’istanza deve contenere gli estremi o comunque gli elementi necessari ad individuare gli atti richiesti. Va aggiunto che l’ordinamento non prevede un generico diritto all’informazione, salvo casi particolari1Pertanto, non è consentito accedere a mere informazioni che non siano contenute in atti, anche interni e non relativi ad un procedimento, concernenti attività di pubblico interesse. Inutile dire che non sono accoglibili istanze di accesso ad atti non detenuti dall’Amministrazione. Non sono neanche ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, l. n. 241/1990) e la libertà di accesso ai documenti amministrativi s’intende realizzata con la pubblicazione integrale dei documenti sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana o nelle forme previste dalle singole amministrazioni (ad es., su bollettini, pubblicazioni periodiche o siti internet istituzionali) (art. 26, l. n. 241/1990). Sono poi esclusi dall’accesso i documenti coperti da segreto di Stato, quelli concernenti i procedimenti tributari, quelli riguardanti l’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione e quelli propri dei procedimenti selettivi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale dei candidati (art. 24, l. n. 241/1990).

E’ poi opportuno rammentare che ai sensi dell’art. 25, comma1, l. n. 241/1990, il rilascio di copie è subordinato al rimborso del costo di riproduzione.

Va, peraltro, rammentato che “L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione” (art. 22, comma 2, l. n. 241/1990) e che il legislatore del 2005 ha ritenuto necessario sottolineare che l’attività amministrativa è retta, oltre che dai criteri di economicità ed efficacia già indicati nel 1990, anche da quelli di “pubblicità e trasparenza”.

Posto tale brevissimo riepilogo, concernente solo gli aspetti qui più rilevanti della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi<2< sup>si può passare alla disamina delle ragioni che ostano all’accoglimento dell’istanza di acceso sottoposta alla nostra attenzione.

Essa (testualmente volta ad ottenere un costante aggiornamento mediante invio, addirittura a mezzo e-mail, presso la residenza dell’interessato, di copia di tutti gli atti concernenti l’attività del Consiglio dell’Ordine) era ab origine non accoglibile, perché priva della prescritta spiegazione e dimostrazione dell’interesse “non emulativo ed evanescente, ma concreto e meritevole di tutela” (Cons. Stato, V, 14.4.1997, n. 362; Cons. Stato, VI, 3.11.2000, n. 5390; Tar Piemonte, II, 1997, n. 539 e 13.11.1999, n. 575). Posta l’inaccoglibilità dell’istanza sin dall’origine, non può rilevare il successivo sollecito. Manca, infatti, la necessaria motivazione dell’accesso, in contrasto con il disposto dell’art. 25, comma 2, l. n. 241/1990. Né integra gli estremi della prescritta motivazione l’accenno a generici fini di trasparenza dell’attività dell’Ente, poiché la spiegazione delle ragioni della richiesta deve indicare il nesso intercorrente tra l’oggetto dell’accesso e l’interesse specifico e puntuale dell’istante al fine di tutelare posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, anche in considerazione della necessità che le finalità del diritto all’accesso non siano piegate a scopi eminentemente emulativi né aggravino eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e adeguatezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’Ente (cfr., Cons. Stato, V, 2.9.2005, n. 4471 ed espressamente l’art. 24, comma 3, l. n. 241/1990, secondo cui “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”).

A fronte, poi, di istanze palesemente inaccoglibili, già espressamente rigettate nei termini di legge con provvedimenti congruamente motivati, qualora l’iscritto reiterasse le richieste con atteggiamento palesemente emulativo e non consono al decoro ed al rispetto, rileverebbe l’art. 17 del Codice deontologico approvato il 30 novembre 2006, in base al quale “L’iscritto all’Albo ha il dovere di collaborare fattivamente e disinteressatamente con il Consiglio dell’Ordine Provinciale cui appartiene per l’attuazione delle finalità istituzionali…

Qualora convocato dal Presidente o dal Consiglio dell’Ordine Provinciale, egli deve presentarsi e fornire tutti i chiarimenti che gli vengano richiesti.

L’iscritto all’Albo si adegua alle deliberazioni del proprio Ordine e, se in disaccordo, si opporrà ad esse nella sede competente, fermo restando il suo adeguamento nell’attesa di recepimento del proprio ricorso…”.

Inutile sottolineare che se la norma venisse violata, l’Ordine potrebbe avviare, anche d’ufficio, un procedimento disciplinare volto a sanzionare il comportamento dell’iscritto contrastante con i doveri di collaborazione fattiva nel perseguimento delle finalità istituzionali, a sanzionare l’eventuale atteggiamento non consono in sede di convocazione, ovvero l’omesso adeguamento alle determinazioni dell’Ordine, salvi eventuali ulteriori profili di responsabilità deontologica.

1 Sono titolari di un diritto di informazione generalizzato solo i consiglieri comunali e provinciali nei confronti, rispettivamente, dei Comuni e delle Province. Inoltre, è riconosciuto il diritto all’accesso ai dati personali che non abbiano forma di documento amministrativo da parte della persona cui i dati medesimi si riferiscono.

2 Inutile dire che – data l’importanza fondamentale dell’istituto – i contributi giurisprudenziali e dottrinali nei quindici anni trascorsi dal varo della l. n. 241/1990 sono imponenti, sia sotto il profilo qualitativo, sia sotto il profilo quantitativo. Sarebbe del resto fuori luogo in questa sede affrontare e sviscerare tutti gli aspetti che potrebbero concernere la disciplina del diritto di accesso agli atti amministrativi.

Le reiterate istanze, di accesso agli atti  indirizzate all’Ordine, con le quali l’iscritto pretenderebbe di “essere messo a conoscenza, di volta in volta, degli argomenti trattati dall’Ordine nelle sedute di consiglio al solo fine di rendere trasparente il funzionamento dell’Ordine”.           

Innanzitutto giova premettere qualche succinto cenno sui caratteri generali dell’istituto che più possono interessare in questa sede e che possano fornire ausilio anche nell’esame di eventuali future istanze, fermo restando che, come noto, sul sito istituzionale del CONAF (http://www.conaf.it/Documenti/538_2006.pdf) è presente il Regolamento per l’accesso agli atti del Consiglio Nazionale, che può costituire utile guida anche per gli Ordini provinciali.

La legge n. 241 del 7 luglio 1990 (recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) dispone che l’Amministrazione deve provvedere sulle istanze di accesso agli atti entro trenta giorni dalla loro ricezione. Trascorso inutilmente tale termine, o in caso di diniego espresso, l’interessato ha trenta giorni di tempo per adire il Tribunale Amministrativo Regionale competente affinché il Giudice, verificata l’esistenza dei presupposti, ordini all’Amministrazione l’esibizione o la consegna di copia degli atti richiesti (art. 25, l. n. 241/1990). Trascorso inutilmente il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale l’interessato deve proporre una nuova istanza per ottenere l’accesso: ancorché la domanda fosse accoglibile sin dall’origine, trascorsi i summenzionati termini l’Amministrazione, infatti, non è più tenuta a consentirlo.

Le richieste di accesso (cioè di prendere visione ed estrarre copia di documenti) devono essere motivate (art. 25, comma 2, l. n. 241/1990), onde consentire all’Amministrazione la verifica della sussistenza dell’interesse concreto, diretto e attuale (corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata) collegato al documento richiesto (art. 22, comma 1, l. n. 241/1990). Per la medesima ragione (oltre che per consentirne il reperimento) l’istanza deve contenere gli estremi o comunque gli elementi necessari ad individuare gli atti richiesti. Va aggiunto che l’ordinamento non prevede un generico diritto all’informazione, salvo casi particolari1Pertanto, non è consentito accedere a mere informazioni che non siano contenute in atti, anche interni e non relativi ad un procedimento, concernenti attività di pubblico interesse. Inutile dire che non sono accoglibili istanze di accesso ad atti non detenuti dall’Amministrazione. Non sono neanche ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, l. n. 241/1990) e la libertà di accesso ai documenti amministrativi s’intende realizzata con la pubblicazione integrale dei documenti sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana o nelle forme previste dalle singole amministrazioni (ad es., su bollettini, pubblicazioni periodiche o siti internet istituzionali) (art. 26, l. n. 241/1990). Sono poi esclusi dall’accesso i documenti coperti da segreto di Stato, quelli concernenti i procedimenti tributari, quelli riguardanti l’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione e quelli propri dei procedimenti selettivi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale dei candidati (art. 24, l. n. 241/1990).

E’ poi opportuno rammentare che ai sensi dell’art. 25, comma1, l. n. 241/1990, il rilascio di copie è subordinato al rimborso del costo di riproduzione.

Va, peraltro, rammentato che “L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione” (art. 22, comma 2, l. n. 241/1990) e che il legislatore del 2005 ha ritenuto necessario sottolineare che l’attività amministrativa è retta, oltre che dai criteri di economicità ed efficacia già indicati nel 1990, anche da quelli di “pubblicità e trasparenza”.

Posto tale brevissimo riepilogo, concernente solo gli aspetti qui più rilevanti della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi<2< sup>si può passare alla disamina delle ragioni che ostano all’accoglimento dell’istanza di acceso sottoposta alla nostra attenzione.

Essa (testualmente volta ad ottenere un costante aggiornamento mediante invio, addirittura a mezzo e-mail, presso la residenza dell’interessato, di copia di tutti gli atti concernenti l’attività del Consiglio dell’Ordine) era ab origine non accoglibile, perché priva della prescritta spiegazione e dimostrazione dell’interesse “non emulativo ed evanescente, ma concreto e meritevole di tutela” (Cons. Stato, V, 14.4.1997, n. 362; Cons. Stato, VI, 3.11.2000, n. 5390; Tar Piemonte, II, 1997, n. 539 e 13.11.1999, n. 575). Posta l’inaccoglibilità dell’istanza sin dall’origine, non può rilevare il successivo sollecito. Manca, infatti, la necessaria motivazione dell’accesso, in contrasto con il disposto dell’art. 25, comma 2, l. n. 241/1990. Né integra gli estremi della prescritta motivazione l’accenno a generici fini di trasparenza dell’attività dell’Ente, poiché la spiegazione delle ragioni della richiesta deve indicare il nesso intercorrente tra l’oggetto dell’accesso e l’interesse specifico e puntuale dell’istante al fine di tutelare posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, anche in considerazione della necessità che le finalità del diritto all’accesso non siano piegate a scopi eminentemente emulativi né aggravino eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e adeguatezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’Ente (cfr., Cons. Stato, V, 2.9.2005, n. 4471 ed espressamente l’art. 24, comma 3, l. n. 241/1990, secondo cui “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”).

A fronte, poi, di istanze palesemente inaccoglibili, già espressamente rigettate nei termini di legge con provvedimenti congruamente motivati, qualora l’iscritto reiterasse le richieste con atteggiamento palesemente emulativo e non consono al decoro ed al rispetto, rileverebbe l’art. 17 del Codice deontologico approvato il 30 novembre 2006, in base al quale “L’iscritto all’Albo ha il dovere di collaborare fattivamente e disinteressatamente con il Consiglio dell’Ordine Provinciale cui appartiene per l’attuazione delle finalità istituzionali…

Qualora convocato dal Presidente o dal Consiglio dell’Ordine Provinciale, egli deve presentarsi e fornire tutti i chiarimenti che gli vengano richiesti.

L’iscritto all’Albo si adegua alle deliberazioni del proprio Ordine e, se in disaccordo, si opporrà ad esse nella sede competente, fermo restando il suo adeguamento nell’attesa di recepimento del proprio ricorso…”.

Inutile sottolineare che se la norma venisse violata, l’Ordine potrebbe avviare, anche d’ufficio, un procedimento disciplinare volto a sanzionare il comportamento dell’iscritto contrastante con i doveri di collaborazione fattiva nel perseguimento delle finalità istituzionali, a sanzionare l’eventuale atteggiamento non consono in sede di convocazione, ovvero l’omesso adeguamento alle determinazioni dell’Ordine, salvi eventuali ulteriori profili di responsabilità deontologica.

1 Sono titolari di un diritto di informazione generalizzato solo i consiglieri comunali e provinciali nei confronti, rispettivamente, dei Comuni e delle Province. Inoltre, è riconosciuto il diritto all’accesso ai dati personali che non abbiano forma di documento amministrativo da parte della persona cui i dati medesimi si riferiscono.

2 Inutile dire che – data l’importanza fondamentale dell’istituto – i contributi giurisprudenziali e dottrinali nei quindici anni trascorsi dal varo della l. n. 241/1990 sono imponenti, sia sotto il profilo qualitativo, sia sotto il profilo quantitativo. Sarebbe del resto fuori luogo in questa sede affrontare e sviscerare tutti gli aspetti che potrebbero concernere la disciplina del diritto di accesso agli atti amministrativi.