Nell’ambito dell’ordinamento giuridico l’esercizio associato delle professioni, in vigenza del divieto di cui all’art. 2 della L. 1815/1939, poteva, inizialmente, essere svolto dai soggetti muniti dei necessari titoli di studio o di abilitazione professionale (o autorizzati all’esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge) esclusivamente sotto forma di associazione professionale, utilizzando la dizione “studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario” (v. art. 1 L. 1815/1939), essendone, di converso, precluso l’esercizio in forma societaria. Tuttavia nel corso degli anni tale divieto è stato progressivamente attenuato ad opera del legislatore (si veda al riguardo la L. 109/1994 che ha per la prima volta fornito una nozione unitaria delle società di professionisti), fino ad arrivare alla sua completa abrogazione, operata dall’art. 24 della L. 7.8.1997 n. 966. In linea con la tendenza normativa finora descritta, il legislatore, con un recentissimo intervento realizzato col noto “Decreto Bersani”, ha altresì abrogato “il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti” (art. 2 comma I° lettera c D.Lgs. 223/2006, così come convertito e modificato dalla L. 248/2006).
Pur a seguito dell’iter normativo sopra descritto, caratterizzato da una continua evoluzione, in vista di una crescente liberalizzazione nell’esercizio delle professioni, il principio ispiratore della normativa in materia di società di professionisti è rimasto invariato. Ed infatti, al riguardo, l’art. 2232 c.c. espressamente prevede che “il prestatore d’opera (cioè il professionista) deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, dei sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione”.
Il fondamentale ed inderogabile principio della personalità nell’esecuzione della prestazione professionale è stato, altresì, ribadito con riferimento alle società che prestano servizi professionali di tipo interdisciplinare, oggi specificamente ammesse, dall’art. 2 comma I° lettera c) del sopra citato “Decreto Bersani”, il quale ribadisce che “…l’oggetto sociale relativo all’attività libero – professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità”.
Al riguardo va, peraltro, evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente individuato quale elemento indefettibile dello svolgimento delle attività a contenuto professionale, seppur nell’ambito di un organismo societario, l’espletamento di fatto di tali attività da parte di “professionisti intellettuali iscritti in un apposto albo” (Cass. civ. Sez. I, 10.7.2003, n. 10860, in Arch. Civ. 2004, 681), ritenendo, peraltro, non derogabili, in ragione della natura associativa del soggetto erogante le prestazioni sopra descritte, le disposizioni “in materia di professioni intellettuali che sanciscono la responsabilità dei professionisti per i singoli atti che la legge ed i regolamenti professionali riservano loro in via esclusiva e che essi devono compiere personalmente o a mezzo di ausiliari da loro diretti” (Cass. civ. Sez. I 2.10.1999 n. 10937, in Giur. Bollettino legisl. Tecnica, 2000, 203).
Alla luce di tutto quanto sopra detto, va rilevato che, per la legittima erogazione di servizi a contenuto professionale da parte di enti e/o società, non è sufficiente che solo il “responsabile tecnico” della struttura sia in possesso dei requisiti professionali normativamente richiesti, essendo a tal fine necessario che anche il soggetto che concretamente svolge la mansione a contenuto professionale sia in possesso dell’abilitazione e/o iscrizione all’albo all’uopo previste. Ed infatti, conformemente ai succitati principi inderogabili in materia di professioni intellettuali, il professionista che esegue la prestazione non solo deve essere individuato antecedentemente all’assunzione dell’incarico, seppur nell’ambito di quelli facenti capo all’organismo di tipo associativo che si presenta al pubblico quale soggetto “collettivo” erogatore del servizio, ma deve, altresì, portarlo a termine personalmente, potendo, al massimo, avvalersi, ai sensi dell’art. 2232 c.c., ove non sussistano profili di incompatibilità rispetto al tipo di prestazione da eseguire, di sostituti o ausiliari, sotto la propria personale responsabilità e direzione.
Nell’ambito dell’ordinamento giuridico l’esercizio associato delle professioni, in vigenza del divieto di cui all’art. 2 della L. 1815/1939, poteva, inizialmente, essere svolto dai soggetti muniti dei necessari titoli di studio o di abilitazione professionale (o autorizzati all’esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge) esclusivamente sotto forma di associazione professionale, utilizzando la dizione “studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario” (v. art. 1 L. 1815/1939), essendone, di converso, precluso l’esercizio in forma societaria. Tuttavia nel corso degli anni tale divieto è stato progressivamente attenuato ad opera del legislatore (si veda al riguardo la L. 109/1994 che ha per la prima volta fornito una nozione unitaria delle società di professionisti), fino ad arrivare alla sua completa abrogazione, operata dall’art. 24 della L. 7.8.1997 n. 966. In linea con la tendenza normativa finora descritta, il legislatore, con un recentissimo intervento realizzato col noto “Decreto Bersani”, ha altresì abrogato “il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti” (art. 2 comma I° lettera c D.Lgs. 223/2006, così come convertito e modificato dalla L. 248/2006).
Pur a seguito dell’iter normativo sopra descritto, caratterizzato da una continua evoluzione, in vista di una crescente liberalizzazione nell’esercizio delle professioni, il principio ispiratore della normativa in materia di società di professionisti è rimasto invariato. Ed infatti, al riguardo, l’art. 2232 c.c. espressamente prevede che “il prestatore d’opera (cioè il professionista) deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, dei sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione”.
Il fondamentale ed inderogabile principio della personalità nell’esecuzione della prestazione professionale è stato, altresì, ribadito con riferimento alle società che prestano servizi professionali di tipo interdisciplinare, oggi specificamente ammesse, dall’art. 2 comma I° lettera c) del sopra citato “Decreto Bersani”, il quale ribadisce che “…l’oggetto sociale relativo all’attività libero – professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità”.
Al riguardo va, peraltro, evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente individuato quale elemento indefettibile dello svolgimento delle attività a contenuto professionale, seppur nell’ambito di un organismo societario, l’espletamento di fatto di tali attività da parte di “professionisti intellettuali iscritti in un apposto albo” (Cass. civ. Sez. I, 10.7.2003, n. 10860, in Arch. Civ. 2004, 681), ritenendo, peraltro, non derogabili, in ragione della natura associativa del soggetto erogante le prestazioni sopra descritte, le disposizioni “in materia di professioni intellettuali che sanciscono la responsabilità dei professionisti per i singoli atti che la legge ed i regolamenti professionali riservano loro in via esclusiva e che essi devono compiere personalmente o a mezzo di ausiliari da loro diretti” (Cass. civ. Sez. I 2.10.1999 n. 10937, in Giur. Bollettino legisl. Tecnica, 2000, 203).
Alla luce di tutto quanto sopra detto, va rilevato che, per la legittima erogazione di servizi a contenuto professionale da parte di enti e/o società, non è sufficiente che solo il “responsabile tecnico” della struttura sia in possesso dei requisiti professionali normativamente richiesti, essendo a tal fine necessario che anche il soggetto che concretamente svolge la mansione a contenuto professionale sia in possesso dell’abilitazione e/o iscrizione all’albo all’uopo previste. Ed infatti, conformemente ai succitati principi inderogabili in materia di professioni intellettuali, il professionista che esegue la prestazione non solo deve essere individuato antecedentemente all’assunzione dell’incarico, seppur nell’ambito di quelli facenti capo all’organismo di tipo associativo che si presenta al pubblico quale soggetto “collettivo” erogatore del servizio, ma deve, altresì, portarlo a termine personalmente, potendo, al massimo, avvalersi, ai sensi dell’art. 2232 c.c., ove non sussistano profili di incompatibilità rispetto al tipo di prestazione da eseguire, di sostituti o ausiliari, sotto la propria personale responsabilità e direzione.